Quel “mostro” di nome Martina che sembra inventato da Giulio Verne

Dietro il nome così familiare e rassicurante di “Martina” si nasconde una macchina dalle dimensioni e dalla potenza “mostruose”, capace di scavare e rivestire 5000 metri di galleria a tempo di record, nel tratto più insidioso dell’Appennino, dove rocce abrasive, argille frenanti e fughe di grisù rappresentano rischi reali, costantemente dietro l’angolo.

Troppo ingombrante per valicare le Alpi e superare i caselli autostradali, è stata trasportata dal Baden-Württemberg sul fiume Reno e poi via mare doppiando Gibilterra fino alla Romagna, dove è stata impiegata per lo scavo della galleria autostradale a doppio fornice in località Sparvo, una delle più lunghe e complesse dell’intera Variante di Valico, tra Firenze e Bologna.
La galleria Sparvo, scavata e rivestita in un intervallo temporale senza precedenti (19 mesi effettivi per circa 5km di galleria) con picchi di produzione da record (24 metri lineari scavati e rivestiti in un solo giorno), costituisce un unicum, sia per tempi che per dimensioni e criticità, nella breve storia dello scavo meccanizzato, tanto da essere stata oggetto di diversi case study su riviste specialistiche internazionali.

Questi risultati eccezionali sono merito anche dalla tecnologia della TBM, appositamente disegnata dagli ingegneri Herrenknecht con la collaborazione di ingegneri Toto per superare le numerose sfide dei terreni da attraversare.

Tutto in “Martina” è gigantesco ed evoca scenari da fantascienza. Lo scudo (parte anteriore della macchina che attacca direttamente il fronte di scavo) in acciaio, pesa da solo 2700 tonnellate , portando l’intera macchina a un peso di circa 4500 tonnellate. Lo scudo isola completamente l’interno della TBM dal terreno circostante, permettendo agli operatori di svolgere le attività di scavo, montaggio anello, e manutenzione in piena sicurezza

La testa fresante dello scudo è il componente che scava il terreno. Su di essa 76 cutters, 216 coltelli, 24 raschiatori ed un pettine centrale, realizzati con speciali leghe metalliche, permettono di frantumare ogni tipo di terreno e lo convogliano nella camera di scavo, dietro la testa stessa. Qui la rimozione del materiale avviene in maniera completamente automatizzata per mezzo di una coclea di 22.70 metri di lunghezza, alimentata da 4 motori per una potenza complessiva di 2.000 kW. Il terreno così frantumato finisce sul nastro trasportatore che lo accompagna per l’intera lunghezza della TBM, circa 130 metri, verso l’uscita della galleria.

La sicurezza è l’elemento più importante e innovativo di tutta la macchina. Infatti, per evitare le insidie delle sacche di grisù che si potrebbero incontrare durante lo scavo, oltre alla sigillatura del fronte di scavo, è stata prevista anche l’opportuna sigillatura, in un condotto di contenimento, dello stesso nastro trasportatore contenente il materiale, per impedire la propagazione di gas nelle zone dove sono presenti le maestranze. È stata predisposta anche una rete di controllo dell’atmosfera interna alla macchina che consente di intervenire nel caso di superamento delle soglie di concentrazione di gas.

Il gruppo di trasmissione principale viene azionato da 50 motori idraulici che agiscono su una corona a doppia dentatura la quale, a sua volta, aziona il movimento della testa fresante. Il peso del gruppo di trasmissione principale, completamente assemblato, è di circa 400 tonnellate. Caratteristica fondamentale per l’ottimale svolgimento dello scavo è che la macchina adotta una controspinta alla pressione del terreno che viene scavato, utilizzando la pressione che esercita il terreno frantumato presente nella camera di scavo prima che venga smarinato dalla coclea. E’ quello che i tecnici definiscono “bilanciamento del fronte di scavo”, da cui l’acronimo inglese EPB.

L’impiego di una TBM ha inoltre consentito la messa in opera del rivestimento della galleria contestualmente all’attività di scavo. Un potente anello erettore idraulico munito di ventose a vuoto, azionato ad ogni avanzamento della macchina, solleva i conci in cemento armato dall’alimentatore e, telecomandato da un operatore, li posiziona sulle pareti della galleria, nell’anello formato da nove conci standard e un concio chiave. I conci sono stati prodotti da Toto Costruzioni Generali in un apposito impianto di prefabbricazione, di 22.000 mq, attiguo al cantiere. Lo spessore (70 cm) e il peso (16,55 t) dell’elemento standard costituiscono la specialità di questo impianto, tra i più grandi al mondo, capace di “sfornare” una media di 80 conci al giorno, e che è stato oggetto di un saggio a cura degli ingegneri Toto, pubblicato dalla rivista “Tunnels and Tunnelling International” (Marzo 2013).

Rivoluzionario e senza precedenti è stato anche il sistema adottato per effettuare la rototraslazione della testa fresante all’uscita della prima galleria e innestarla all’imbocco della canna Sud. Questa tecnica, progettata in collaborazione con la Palmieri Group di Silla di Gaggio Montano (BO), utilizzando una apposita culla mobile sostenuta da cuscini d’aria, oltre a permettere un notevole risparmio sui costi, in soli due giorni ha consentito di completare l’intera manovra di “inversione a U” e collocazione della testa della fresa all’imbocco della seconda galleria da scavare.

Grazie a questa impresa, l’ingegneria italiana ha ottenuto un prestigioso riconoscimento a livello internazionale. Il riconoscimento è giunto dalla International Tunnelling and Underground Space Association (ITA-AITES) e dall’Istituto di Ingegneria Civile britannico (ICE) che a Londra, nel novembre 2013, hanno premiato Toto Costruzioni Generali come “miglior contractor ”e la galleria Sparvo come “miglior progetto dell’anno”.